giovedì 21 luglio 2011

Su la testa! G8, dieci anni dopo

Sono passati 10 anni.
Quando si è svolto il G8 a Genova, io ero praticamente una bambina. Avevo 12 anni.
Ricordo il caldo e i telegiornali, le parole della gente che commentava quanto accaduto nel capoluogo ligure.
Ricordo una parola che pesava sulle altre come un macigno: Black-Bloc.

Negli anni che sono passati in mezzo, una certa parte d'Italia ha voluto dare una sua spiegazione, che io ho potuto guardare con occhi diversi da quel lontano e assolato 2001.

Ne ho sentite tantissime (da presunti sociologi improvvisati): su Carlo Giuliani, sui "Ventenni fancazzisti viziati", su "quelli che spaccano le vetrine ai poveri cristi".
Forse la foga di volersi schierare a tutti costi ha fatto perdere di vista l'oscurità e il buio di quelle terribili giornate, che ora stanno tornando a galla, come dopo un naufragio.

La polemica e il terrificante parallelo tra il ventenne con l'estintore e il ventenne con la divisa e la pistola, non mi ha mai convinto.

Ho cercato notizie, risoluzioni, risposte e ho trovato pochissimo, spesso niente.

Invece questo "niente" ha molto da raccontare.
Dopo 10 anni, si riescono (più o meno) ad ascoltare le voci della Diaz, che raccontano un potere malato, deviato, che ha percosso giovani della mia età, li ha umiliati, insultati, picchiati e costretti in situazioni degradanti.
Una ragazza, ospite di una puntata su Genova di Blunotte, ha raccontato la sua esperienza, il lato raccapricciante delle vicende che si sono incrociate tra quelle mura. Nessuno ha pagato il conto di quelle torture psicologiche e fisiche.
 Nessuno ha chiesto scusa.
 Nessuno si è impegnato a cercare di capire che cosa stava succedendo là. Tutti si sono limitati a fare chiacchiere da bar, sul fatto che era morto un "ragazzino viziato che aveva lanciato un estintore a una indifesa camionetta di forze dell'ordine".
Questo è il lato della vergogna della nostra società: non farsi mai domande, accettare passivamente quanto accade e commentarlo come la partita della domenica, al bar, al supermercato, come se la vita di un ragazzo di 20 anni valesse una frase qualunque detta da una persona qualunque (o qualunquista) e liquidata tra un etto di prosciutto o un caffè.

Mi vergogno che siano accadute queste cose nel mio Paese, soltanto 10 anni fa e che ancora ci siano quelli che dicono "eh ma se la son cercata!".

"E' sempre stato difficile avere 20 anni, e non sarà mai semplice essere italiani". Lo scriveva Enzo Biagi.
A Carlo Giuliani. A tutti i "Carlo Giuliani" che anche se ancora vivi, magari non sono mai usciti veramente da Bolzaneto, nell'afa di quel luglio 2001.

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