giovedì 7 febbraio 2013

Tocca al Piddì!

di Leonardo Grilli


Dopo il programma elettorale del PdL, oggi tratteremo quello del suo avversario storico, il Pd (che potrete trovare cliccando su questo link). Scopriremo così che, se nello stile i due testi si differenziano profondamente, nei contenuti le distanze si attenuano, evidenziando come il nemico da sconfiggere per la sinistra non sia solo (come sarebbe ovvio) la destra, ma piuttosto le nuove formazioni politiche.

Lo stile: elenco puntato, questo sconosciuto
Vi ricordate quando nel precedente articolo si è detto che il PdL ha organizzato il suo programma per elenchi, puntando sulle immagini, l'emotività e l'impatto visivo? Ebbene, in questo caso dimenticate tutto. In un periodo storico dove le differenze contenutistiche fra destra e sinistra si sono assottigliate notevolmente, per combattere l'avversario non resta che puntare sui comportamenti e sullo stile. In questo caso, sulla grafica. Così scompaiono totalmente le immagini, i colori si limitano ai titoli (10, per 5 pagine totali) e il testo è organizzato in una prosa scorrevole ma poco efficace da un punto di vista comunicativo. Il programma è specchio del grande handicap storico della sinistra dei nostri giorni: l'incapacità di comunicare alle masse, di attrarre a sé il grande pubblico. Da questo punto di vista, 1 a 0 per il PdL.

I contenuti: tra retorica e innovazione
Dieci titoli, due soli nemici: il berlusconismo (ovviamente) e il nuovo. Su quest'ultimo, nessun giudizio di merito sul fatto che la novità in questo caso sia positiva o negativa, ma solo la constatazione che a quanto pare ciò che spaventa il Pd sono anche le formazioni politiche di recente creazione. Per fare un nome, il Movimento5Stelle. Ma procediamo con ordine, primo punto: l'Europa. Evidente che il dito viene puntato contro le grillin affermazioni di uscita dall'euro, tanto da scrivere nero su bianco che "la prossima maggioranza dovrà avere ben chiara questa bussola: nulla senza l’Europa". Addirittura si va oltre, poiché "l’orizzonte ideale degli Stati Uniti d’Europa dovrà iniziare ad acquistare concretezza". Secondo punto: democrazia. E qui, obiettivamente, il Pd segna un grosso punto a suo favore: se da un lato si parla di combattere il populismo e i movimenti personalistici (attaccando contemporaneamente Grillo e la destra berlusconiana), dall'altro si citano argomenti fondamentali e ignorati dal PdL. Si parla di una dura lotta all'evasione fiscale, ai reati di mafia, ai crimini contro l'ambiente, per arrivare a "norme stringenti in materia di conflitto d’interessi, legislazione antitrust e libertà dell’informazione". Certo si glissa sul "come", ma lo scarto rispetto alla destra è evidente. Terzo punto: il lavoro. Onestamente, nonostante si critichino le "scelte della destra nell'ultimo decennio", le proposte sono in buona parte simili a quelle della destra stessa; eccezion fatta per un "sistema fiscale che alleggerisca il peso sul lavoro e sull’impresa, attingendo alla rendita dei grandi patrimoni finanziari e immobiliari". Uguaglianza, libertà e sapere hanno come grandi protagonisti le donne (con una rivisitazione delle leggi sulla procreazione assistita e l'interruzione volontaria di gravidanza), il mezzogiorno ed i giovani (diritto allo studio, investimenti sull'istruzione pubblica, attenzione alla dispersione scolastica soprattutto in zone ad alta infiltrazione criminale). Sviluppo sostenibile e beni comuni sono invece un'accozzaglia di retorica e aria fritta con scarse proposte concrete, ad esempio manca un piano definito per le rinnovabili e per evitare che la mafia si infiltri in appalti di questo tipo, così come è successo per l'eolico in Sicilia e nel sud. Infine, diritti e responsabilità segnano l'ultimo scarto del Pd, con un avvicinamento a quei parametri democratici che ormai sono comuni a quasi tutto l'occidente sviluppato. Si apre, infatti, alle unioni gay riconosciute giuridicamente, si preme per una legge contro l'omofobia, si sancisce il principio che un bambino nato in Italia debba essere di diritto cittadino italiano. Infine, vengono chiariti i doveri degli alleati verso il premier e i cittadini: tuttavia, visto ciò che è accaduto nei precedenti governi di centrosinistra, è lecito dubitare che basti fare appello alla responsabilità dei parlamentari.



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