di Leonardo Griilli
"Anche un giornalista ce la può fare, basta
cliccare sul sito, seguire un corso serale". E noi lo abbiamo fatto
caro Beppe, perché il tuo programma ci interessa; www.beppegrillo.it: parola
d'ordine è incompletezza. Omessi completamente i punti su finanziamento ai
partiti, poteri del premier, lotta all'evasione, criminalità, immigrazione,
disoccupazione e giovani, pari opportunità, scelte etiche, politica
internazionale e tanto mitizzata uscita dall'euro. Molto si punta invece sulla
green economy, con ritorno all'uso delle biciclette, molte biciclette, tante
biciclette; basta parcheggi, potenziamento dei treni, largo uso delle
rinnovabili come solare e biomassa, incentivi ai prodotti Km 0 impedendo la
chiusura di aziende con un prevalente mercato interno. Amalgama di proposte più
disparate nel punto "economia": class action, disincentivi ad aziende
che producono un danno sociale (concetto fumoso e di sapore autoritario, in che
cosa consiste questo "danno", chi lo stabilisce e qual'è la sua
misura?), abolizione delle scatole cinesi, cancellazione della legge Biagi, e
una serie di norme in generale contro il fantomatico signoraggio bancario.
Questo e molto (o non molto) altro si può trovare sul blog di Grillo: abbonda la
pars destruens, innegabili meriti sparsi qua e là, ma la costruttività è
scarsamente pervenuta. Il punto centrale è però un altro, la vera domanda è se
il Movimento avrà la forza di attuare tutte queste proposte, a partire da se
stesso. Infatti, il principio che sembra valere è quello della spinta dal
basso, ma quando e dove dico io. "Uno
vale uno", ma che sia all'augustea maniera del primo inter pares? Non
è facile non cadere in teorie complottastiche ed ardite dietrologie, ma i fatti
parlano chiaro; e in questo caso hanno anche dei volti: De Franceschi, Favia,
Tavolazzi, Pallante, Salsi, Biolè. E non solo. Una lista di più o meno epurati,
attivisti di prima e seconda linea cacciati dal Movimento e diffidati
dall'usarne il simbolo, o vittime di pesanti accuse spesso sfocianti
nell'insulto personale e sessista. L'aprifila fu De Franceschi, conigliere
comunale reo di aver espresso solidarietà al quotidiano in crisi l'Unità; ma la
vera scossa ha il suo epicentro il Tavolazzi.
Marzo 2012 la data. Dopo un'assemblea a Rimini nella quale si trattava
lo spinoso argomento della democrazia interna al movimento, il consigliere
comunale di Ferrara Valentino Tavolazzi viene espulso da Grillo, con la
motivazione di essere ancorato a "roba
da vecchia democrazia". Militante non di primo pelo, già city manager
della città nel 2000 ai tempi dei Ds, Tavolazzi era, ed è in parte tutt'ora,
considerato un esponente centrale del Movimento, affidabile, onesto, ammirato
molto anche da Grillo che lo volle a tutti i costi al suo fianco. Le cose però,
si sa, cambiano. Soprattutto quando si sollevano questioni scomode per la
dirigenza: ovvero per Gianroberto Casaleggio, vero e proprio ispiratore
politico e mediatico dell'amico Beppe, unico eletto a produrre una sua
biografia autorizzata. Una epurazione altrimenti inspiegabile ed esagerata
diventa così comprensibile, se si scioglie il bandolo della matassa tirando il
capo del malcontento interno verso una struttura piramidale in contrasto con i
principi del Movimento. Così da Tavolazzi si passa per Pizzarotti, neo sindaco
di Parma che lo voleva fortemente nel suo staff, fino a giungere a Favia. Che
sortisce in Casaleggio lo stesso effetto che Fini ha per la Santanchè. Anzi
peggio, considerata la sua diffidenza naturale verso gli emiliani, "anagraficamente comunisti".
Giovanni Favia, consigliere regionale, è l'esponente di punta di coloro ai
quali l'influenza del guru dai bianchi capelli non sta bene per niente.
Insofferenza dimostrata, più o meno volontariamente, dalle sue dichiarazioni
secondo le quali sarebbe Casaleggio a controllare i vertici del 5Stelle,
nominando personaggi a lui vicini, istruendo a dovere i candidati inesperti di
comunicazione e facendo cacciare i dissidenti. È nei suoi uffici della
Casaleggio Associati, a Milano, che si deve andare per ricevere istruzioni
riguardo al linguaggio, alle parole giuste da usare e come utilizzarle;
incontri di diverse ore, dove lo stesso Pizzarotti è andato e sui quali ha
dichiarato: "Un incontro di tre ore
molto utile". E sempre il sindaco di Parma, ben conscio di questa
influenza, chiama Casaleggio, e non Grillo, quando si tratta di difendere il
collega Tavolazzi. Casaleggio, Casaleggio, Casaleggio. Il nome risuona fra
sentimenti di catulliano odi et amo. Chi è, allora, la mente che pare stia alle
spalle del grillin successo? Gianroberto Casaleggio, per dirla col comico
genovese, "o è un genio o è un pazzo":
di originarie tendenze leghiste e bossiane, simpatizzante per i piemontesi
perché "conservatori", nel
2004 fonda la Casaleggio Associati, azienda specializzata in marketing e
gestione delle risorse informatiche. Insieme a quattro soci, Enrico Sasoon,
Luca Eleuteri, il figlio Davide Casaleggio e Mario Bucchich, fra le altre cose
cura il sito della casa editrice Chiarelettere e quello dell'Italia del Valori,
per 700.000 euro l'anno di compenso. Nel 2010 lascia però il contratto con Di
Pietro, dedicandosi pienamente alla "gestione" di Beppe Grillo; che
proprio in quel periodo, dopo il successo del V Day, fa il salto di qualità. La
dote naturale di improvvisatore e trascinatore è coadiuvata dagli slogan, dalle
figure e dalle parole chiave imposte dall'esperto di marketing: immagini di
apocalissi, Titanic che affondano, efficaci soprannomi parodistici (Psiconano e
Rigor Montis su tutti), rifiuto di andare su nessun medium che non sia il web,
eppure far parlare lo stesso di sé, parolacce, generalizzazioni, spregio del
vecchio a prescindere, e "Stay Tuned",
restate collegati, la frase con la quale chiude molti post e che favorisce un
senso di attesa ottimistica verso nuove meraviglie. Una serie di strategie che
vanno ad intercettare la voglia di cambiamento, l'insoddisfazione, il profumo
che qualcosa di diverso sta arrivando e che da tempo aleggia nell'aria per
coloro i quali sanno annusare. Ma la novità, per quanto positiva, dopo un po'
ha bisogno di essere regolarizzata; l'essere trasversali, il non schierarsi in
nessun lato del Parlamento, ha i suoi vantaggi entro un certo limite: "abbasso tutti" diceva Giannini,
salvo poi scomparire in preda a forze centrifughe che squassarono il partito da
destra a sinistra. Ebbene, l'Uomo Qualunque del XXI secolo, se non saprà
fornire regole chiare e limpide di scelta e selezione dei candidati, se non
sarà in grado di fugare ogni dubbio riguardo l'influenza di certi personaggi,
se, infine, non riuscirà ad unificare una base politicamente e culturalmente
disomogenea, rischia seriamente di trasformare una bella iniziativa popolare in
un petardo con la miccia troppo corta.
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