giovedì 21 febbraio 2013

L'Uomo qualunque? Le stelle sono 5!


di Leonardo Griilli

"Anche un giornalista ce la può fare, basta cliccare sul sito, seguire un corso serale". E noi lo abbiamo fatto caro Beppe, perché il tuo programma ci interessa; www.beppegrillo.it: parola d'ordine è incompletezza. Omessi completamente i punti su finanziamento ai partiti, poteri del premier, lotta all'evasione, criminalità, immigrazione, disoccupazione e giovani, pari opportunità, scelte etiche, politica internazionale e tanto mitizzata uscita dall'euro. Molto si punta invece sulla green economy, con ritorno all'uso delle biciclette, molte biciclette, tante biciclette; basta parcheggi, potenziamento dei treni, largo uso delle rinnovabili come solare e biomassa, incentivi ai prodotti Km 0 impedendo la chiusura di aziende con un prevalente mercato interno. Amalgama di proposte più disparate nel punto "economia": class action, disincentivi ad aziende che producono un danno sociale (concetto fumoso e di sapore autoritario, in che cosa consiste questo "danno", chi lo stabilisce e qual'è la sua misura?), abolizione delle scatole cinesi, cancellazione della legge Biagi, e una serie di norme in generale contro il fantomatico signoraggio bancario. Questo e molto (o non molto) altro si può trovare sul blog di Grillo: abbonda la pars destruens, innegabili meriti sparsi qua e là, ma la costruttività è scarsamente pervenuta. Il punto centrale è però un altro, la vera domanda è se il Movimento avrà la forza di attuare tutte queste proposte, a partire da se stesso. Infatti, il principio che sembra valere è quello della spinta dal basso, ma quando e dove dico io. "Uno vale uno", ma che sia all'augustea maniera del primo inter pares? Non è facile non cadere in teorie complottastiche ed ardite dietrologie, ma i fatti parlano chiaro; e in questo caso hanno anche dei volti: De Franceschi, Favia, Tavolazzi, Pallante, Salsi, Biolè. E non solo. Una lista di più o meno epurati, attivisti di prima e seconda linea cacciati dal Movimento e diffidati dall'usarne il simbolo, o vittime di pesanti accuse spesso sfocianti nell'insulto personale e sessista. L'aprifila fu De Franceschi, conigliere comunale reo di aver espresso solidarietà al quotidiano in crisi l'Unità; ma la vera scossa ha il suo epicentro il Tavolazzi.  Marzo 2012 la data. Dopo un'assemblea a Rimini nella quale si trattava lo spinoso argomento della democrazia interna al movimento, il consigliere comunale di Ferrara Valentino Tavolazzi viene espulso da Grillo, con la motivazione di essere ancorato a "roba da vecchia democrazia". Militante non di primo pelo, già city manager della città nel 2000 ai tempi dei Ds, Tavolazzi era, ed è in parte tutt'ora, considerato un esponente centrale del Movimento, affidabile, onesto, ammirato molto anche da Grillo che lo volle a tutti i costi al suo fianco. Le cose però, si sa, cambiano. Soprattutto quando si sollevano questioni scomode per la dirigenza: ovvero per Gianroberto Casaleggio, vero e proprio ispiratore politico e mediatico dell'amico Beppe, unico eletto a produrre una sua biografia autorizzata. Una epurazione altrimenti inspiegabile ed esagerata diventa così comprensibile, se si scioglie il bandolo della matassa tirando il capo del malcontento interno verso una struttura piramidale in contrasto con i principi del Movimento. Così da Tavolazzi si passa per Pizzarotti, neo sindaco di Parma che lo voleva fortemente nel suo staff, fino a giungere a Favia. Che sortisce in Casaleggio lo stesso effetto che Fini ha per la Santanchè. Anzi peggio, considerata la sua diffidenza naturale verso gli emiliani, "anagraficamente comunisti". Giovanni Favia, consigliere regionale, è l'esponente di punta di coloro ai quali l'influenza del guru dai bianchi capelli non sta bene per niente. Insofferenza dimostrata, più o meno volontariamente, dalle sue dichiarazioni secondo le quali sarebbe Casaleggio a controllare i vertici del 5Stelle, nominando personaggi a lui vicini, istruendo a dovere i candidati inesperti di comunicazione e facendo cacciare i dissidenti. È nei suoi uffici della Casaleggio Associati, a Milano, che si deve andare per ricevere istruzioni riguardo al linguaggio, alle parole giuste da usare e come utilizzarle; incontri di diverse ore, dove lo stesso Pizzarotti è andato e sui quali ha dichiarato: "Un incontro di tre ore molto utile". E sempre il sindaco di Parma, ben conscio di questa influenza, chiama Casaleggio, e non Grillo, quando si tratta di difendere il collega Tavolazzi. Casaleggio, Casaleggio, Casaleggio. Il nome risuona fra sentimenti di catulliano odi et amo. Chi è, allora, la mente che pare stia alle spalle del grillin successo? Gianroberto Casaleggio, per dirla col comico genovese, "o è un genio o è un pazzo": di originarie tendenze leghiste e bossiane, simpatizzante per i piemontesi perché "conservatori", nel 2004 fonda la Casaleggio Associati, azienda specializzata in marketing e gestione delle risorse informatiche. Insieme a quattro soci, Enrico Sasoon, Luca Eleuteri, il figlio Davide Casaleggio e Mario Bucchich, fra le altre cose cura il sito della casa editrice Chiarelettere e quello dell'Italia del Valori, per 700.000 euro l'anno di compenso. Nel 2010 lascia però il contratto con Di Pietro, dedicandosi pienamente alla "gestione" di Beppe Grillo; che proprio in quel periodo, dopo il successo del V Day, fa il salto di qualità. La dote naturale di improvvisatore e trascinatore è coadiuvata dagli slogan, dalle figure e dalle parole chiave imposte dall'esperto di marketing: immagini di apocalissi, Titanic che affondano, efficaci soprannomi parodistici (Psiconano e Rigor Montis su tutti), rifiuto di andare su nessun medium che non sia il web, eppure far parlare lo stesso di sé, parolacce, generalizzazioni, spregio del vecchio a prescindere, e "Stay Tuned", restate collegati, la frase con la quale chiude molti post e che favorisce un senso di attesa ottimistica verso nuove meraviglie. Una serie di strategie che vanno ad intercettare la voglia di cambiamento, l'insoddisfazione, il profumo che qualcosa di diverso sta arrivando e che da tempo aleggia nell'aria per coloro i quali sanno annusare. Ma la novità, per quanto positiva, dopo un po' ha bisogno di essere regolarizzata; l'essere trasversali, il non schierarsi in nessun lato del Parlamento, ha i suoi vantaggi entro un certo limite: "abbasso tutti" diceva Giannini, salvo poi scomparire in preda a forze centrifughe che squassarono il partito da destra a sinistra. Ebbene, l'Uomo Qualunque del XXI secolo, se non saprà fornire regole chiare e limpide di scelta e selezione dei candidati, se non sarà in grado di fugare ogni dubbio riguardo l'influenza di certi personaggi, se, infine, non riuscirà ad unificare una base politicamente e culturalmente disomogenea, rischia seriamente di trasformare una bella iniziativa popolare in un petardo con la miccia troppo corta.


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